Category: Natale


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Verbo Incarnato, che nuovamente condividi con noi il tuo Natale
insegnaci a condividere con gli altri i nostri progetti di pace e solidarietà.

Tu che nella Grotta di Betlemme hai proposto agli uomini di ogni tempo un itinerario di amore e riconciliazione illumina l’umanità di oggi a ritrovare la strada che porta ad incontrare l’altro nel dialogo, nell’amore e nel rispetto profondo.

Piccolo grande Dio, che nell’umiltà più sentita hai indicato in Te la via maestra che porta alla verità aiutaci ad eliminare da questa terra l’orgoglio, la falsità e la menzogna, cause dirette del male del mondo moderno.

Tu che leggi nel profondo di ogni cuore trasforma i nostri personali risentimenti in atteggiamenti e comportamenti fraterni, gli unici che danno gioia vera e trasformano il Natale in festa vera.

Messia atteso da secoli e giunto nella pienezza dei tempi guida l’umanità del terzo millennio verso mete di giustizia più certe per ogni uomo di questa Terra.

Tu che tutto sai e puoi conosci le attese di ciascuno di noi anche per questo annuale anniversario della tua venuta tra noi fa nascere nel cuore di tutti gli uomini della terra un solo raggio della tua infinita carità e della tua bontà illimitata.

Non permettere, Gesù, Figlio dell’Uomo, che nessun bambino, giovane, adulto ed anziano del Pianeta Terra continui a soffrire a causa della cattiveria che si annida nel cuore di tanta gente.

Fa di tanti cuori segnati dall’odio e dalla morte cuori capaci di amare e di perdonare come tu hai perdonato alla Maddalena, ai tuoi crocifissori ed al buon ladrone morto in croce accanto a Te sul Golgota.

Dalla capanna di Betlemme anche quest’anno si irradi in tutto il mondo la luce del tuo Natale, che è sempre motivo di speranza e di pace per l’intera umanità. ( Di Papa Giovanni Paolo II )

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C’era una volta una pecora diversa da tutte le altre. Le pecore, si sa, sono bianche; lei invece era nera, nera come la pece. Quando passava per i campi tutti la deridevano, perché in un gregge tutto bianco spiccava come una macchia di inchiostro su un lenzuolo bianco: «Guarda una pecora nera! Che animale originale; chi crede mai di essere?». Anche le compagne pecore le gridavano dietro: «Pecora sbagliata, non sai che le pecore devono essere tutte uguali, tutte avvolte di bianca lana?». La pecora nera non ne poteva più, quelle parole erano come pietre e non riusciva a digerirle. E così decise di uscire dal gregge e andarsene sui monti, da sola: “Almeno là avrebbe potuto brucare in pace e riposarsi all’ombra dei pini.” Ma nemmeno in montagna trovò pace. «Che vivere è questo? Sempre da sola!», si diceva dopo che il sole tramontava e la notte arrivava. Una sera, con la faccia tutta piena di lacrime, vide lontano una grotta illuminata da una debole luce. «Dormirò
là dentro!» e si mise a correre. Correva come se qualcuno la attirasse. «Chi sei?», le domandò una voce appena fu entrata. «Sono una pecora che nessuno vuole: una pecora nera! Mi hanno buttata fuori dal gregge». «La stessa cosa è capitata a noi! Anche per noi non c’era posto con gli altri nell’albergo. Abbiamo dovuto ripararci qui, io Giuseppe e mia moglie Maria. Proprio qui ci è nato un bel bambino. Eccolo!». La pecora nera era piena di gioia. Prima di tutte le altre poteva vedere il piccolo Gesù. «Avrà freddo; lasciate che mi metta vicino per riscaldarlo!». Maria e Giuseppe risposero con un sorriso. La pecora si avvicinò stretta stretta al bambino e lo accarezzò con la sua lana. Gesù si svegliò e le bisbigliò nell’orecchio: «Proprio per questo sono venuto: per le pecore smarrite!».

BUON NATALE!

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Un augurio semplice colmo di affetto e di speranza…

che questo non sia il solito natale di tutti gli anni passati

ma che sia il Natale della nostra vita, il Natale della nostra rinascita con Cristo

Un bambino è nato per noi, per il nostro bene e la nostra gioia

Condividiamo questa gioia fino agli estremi confini della Terra

Gridiamo ed esultiamo a gran voce per l’immenso amore che i ha il Padre verso di Noi.

BUON NATALE A TUTTI VOI AMICI MIEI

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Il postino suonò due volte. …Mancavano cinque giorni a Natale. Aveva fra le braccia un grosso pacco avvolto in carta preziosamente disegnata e legato con nastri dorati.
disse una voce dall’interno :
“ Avanti ”

Il postino entrò. Era una casa malandata: si trovò in una stanza piena d’ombre e di polvere. Seduto in una poltrona c’era un vecchio.
disse allegramente il postino :
“Guardi che stupendo pacco di Natale!”

disse il vecchio con la voce più triste che mai :
“ Grazie. Lo metta pure per terra, non c’è amore dentro ”

Il postino rimase imbambolato con il grosso pacco in mano. Sentiva benissimo che il pacco era pieno di cose buone e quel vecchio non aveva certo l’aria di spassarsela male. Allora, perché era così triste? continuò il postino :
“ Ma, signore, non dovrebbe fare un po’ di festa a questo magnifico regalo ? ”

disse il vecchio con le lacrime agli occhi :
“ Non posso… Non posso proprio ” ,

E raccontò al postino la storia della figlia che si era sposata nella città vicina ed era diventata ricca. Tutti gli anni gli mandava un pacco, per Natale, con un bigliettino:
“ Da tua figlia Luisa e marito ” Mai un augurio personale, una visita, un invito: “Vieni a passare il Natale con noi”.

aggiunse il vecchio e si alzò stancamente :
“ Venga a vedere ”

Il postino lo seguì fino ad uno sgabuzzino. il vecchio aprì la porta.
“ Ma … ” fece il postino.

Lo sgabuzzino traboccava di regali natalizi. Erano tutti quelli dei Natali precedenti. Intatti, con la loro preziosa carta e i nastri luccicanti.
esclamò il postino allibito :
“ Ma non li ha neanche aperti ! ”

disse mestamente il vecchio :

“ No….Non c’è amore dentro ”

non riempiamo le case di regali senza amore, ma piuttosto svuotiamo le case di regali e riempiamole D ‘ AMORE

LA STATUINA DEL PRESEPE

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Una volta le statuine del presepio si misero a borbottare.
Tutte avevano qualcosa in mano da regalare a Gesù Bambino:
un uovo, un po’ di farina, un po’ di latte di capra, un dattero …
Soltanto una non aveva niente. Se ne stava là fissa, immobile con la bocca spalancata. Non faceva che una cosa sola: guardava incantata il Bambino.
Proprio per questo la chiamavano ” Incantata ”
Le statuine le gridavano:
” Non ti vergogni ? Vieni alla grotta e non porti niente ? ”

I rimproveri aumentavano sempre più, tanto che la Madonna dovette intervenire:
” Non insultate ‘Incantata ! Per favore non urlate ! Svegliate il mio Bambino ! ”

Le statuine, sentendo la Madonna così commossa e decisa, subito se ne stettero ben zitte.
Ma Gesù, avvertì il passaggio dal rumore al silenzio e si svegliò.
Aprì gli occhi che si incontrarono con quelli di ” Incantata “.
Il Bambino le fece il più bel sorriso del mondo.
Allora ” Incantata ” si convinse ancora di più che Natale è la meraviglia delle meraviglie !
Si convinse ancora di più che Natale è una cosa unica inaudita:
un Dio che viene da noi e prende carne umana.
Si convinse che Natale è un’esplosione di luce.
Un dolce arcobaleno che unisce il cielo alla terra , per abbracciarla e riscaldarla !

Natale: Dio che viene da noi e prende carne umana…
Ma il mondo rimane ancora ” incantato ” da questo avvenimento ?

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Mentre Giuseppe e Maria erano in viaggio verso Betlemme, un angelo radunò tutti gli animali per scegliere i più adatti per aiutare la Santa Famiglia nella stalla.
Per primo, naturalmente, si presentò il leone che disse :
” Solo un re è degno di servire il Re del mondo , Io mi piazzerò all’entrata e sbranerò tutti quelli che tenteranno di avvicinarsi al Bambino ! ”

rispose l’angelo :
” Sei troppo violento ”

Subito dopo si avvicinò la volpe. Con aria furba e innocente, insinuò:
” Io sono l’animale più adatto , per il figlio di Dio ruberò tutte le mattine il miele migliore e il latte più profumato.Porterò a Maria e Giuseppe tutti i giorni un bel pollo ! ”

rispose l’angelo :
” Sei troppo disonesta ! ”

Tronfio e splendente arrivò il pavone.Sciorinò la sua magnifica ruota color dell’iride e disse :
” Io trasformerò quella povera stalla in una reggia più bella del palazzo di Salomone ! ”

gli rispose l’angelo :
” Sei troppo vanitoso ”

Passarono, uno dopo l’altro, tanti animali ciascuno magnificando il suo dono. Invano L’angelo non riusciva a trovarne uno che andasse bene. Vide però che l’asino e il bue continuavano a lavorare, con la testa bassa, nel campo di un contadino, nei pressi della grotta.
L’angelo li chiamò:
” E voi non avete niente da offrire ? ”

rispose l’asino e afflosciando mestamente le lunghe orecchie:
“Niente , noi non abbiamo imparato niente oltre all’umiltà e alla pazienza. Tutto il resto significa solo un supplemento di bastonate ! ”

Ma il bue, timidamente, senza alzare gli occhi, disse:
” Però potremmo di tanto in tanto cacciare le mosche con le nostre code ”
L’angelo finalmente sorrise e concluse :
” Voi siete quelli giusti ! ”

L’asino ed il bue della stalla di Betlemme rappresentano alcune virtù preziose: l’umiltà, la mansuetudine e la pazienza.
Tutte le virtù che il mondo prepotente dei nostri tempi ha dimenticato !

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Era la vigilia di Natale e la commessa non vedeva l’ora di andarsene. Pensava in continuazione alla festa che l’attendeva appena finito il lavoro. Sentiva già i mormorii di ammirazione che l’avrebbero accompagnata mentre entrava vestita con l’abito da sera di velluto, con il cavaliere che la scortava…
Quando arrivò l’ultima cliente…
Mancavano solo cinque minuti alla chiusura.
“Non è possibile che venga proprio al mio banco…” pensò.
Finse di non sentire quando quella signora si schiarì la voce e disse piano:
“Signorina, signorina…quanto costano quelle calze?”.
“Credo che sul cartellino ci sia scritto 3 Euro…” rispose brusca.
“Non ne avete meno care?”.”2 Euro” scattò guardando l’orologio.
“Mi faccia vedere quelle meno care”.
“Spiacente signora, stasera chiudiamo alle 18.30 perché,
se non lo sa, oggi è la vigilia di Natale”.
Siccome non apriva bocca si decise a guardarla.
Era pallida, aveva l’aria affaticata, le occhiaie profonde…non doveva avere neanche 30 anni.
“Ma i miei figli non hanno neanche un regalo” disse alla fine tutta d’un fiato.
“Fino a stasera non avevo soldi”.
“Mi dispiace per lei signora” disse la commessa e se ne andò.
Non giunse fino al fondo del banco.
La donna non aveva detto neppure una parola ma non le riuscì di fare un passo in più.
Quando si voltò notò nei suoi occhi l’espressione più triste che avesse mai visto.
Si ritrovò dietro al banco:
“D’accordo, signora, ma faccia presto però…”.
Un sorriso le illuminò il volto, e si mise a correre dai calzini ai nastri poi ai walkman portatili.
Alla commessa quei pochi minuti sembravano lunghi come l’eternità.
Finalmente si decise per alcune paia di calze, per dei nastri colorati, un walkman portatile e due CD di fiabe natalizie.
La commessa gettò gli acquisti in un sacchetto e le diede il resto delle 200 Euro.
Ormai non c’era più nessuno.
Andò di corsa negli spogliatoi e si infilò in fretta il vestito e corse fuori dal negozio incontro al suo “cavaliere” che l’attendeva in macchina, con il motore acceso.
Fu al terzo semaforo rosso che vide la donna del negozio:
camminava in fretta tenendo stretto con il suo esile corpo
il pacco dei doni per i suoi figli.
Il suo volto, che aveva perduto la patina di stanchezza,
era ancora illuminato dal sorriso.
In quel breve istante qualcosa avvenne dentro di lei.
Non vide solo la donna: vide i suoi quattro bambini che, il mattino dopo, si sarebbero infilati felici le calze nuove, messi i nastri nei capelli e avrebbero ascoltato le favole natalizie sul walkman nuovo.

…e in fondo al cuore la commessa si sentì felice…

Spesso basta poco per far felice chi ci sta accanto.
Il Signore, non trascura neppure il dono di un bicchiere d’acqua, non lascia senza risultato i nostri gesti d’amore
anche i più poveri e senza senso per noi!

QUESTO NATALE?

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Nel paradiso degli animali l’anima dell’asinello chiese all’anima del bue:
“Ti ricordi per caso quella notte, tanti anni fa, quando ci siamo trovati in una specie di capanna e là, nella mangiatoia…?”

rispose il bue :
“ Lasciami pensare… Ma sì nella mangiatoia, se ben ricordo, c’era un bambino appena nato ”“Bravo. E da allora sapresti immaginare quanti anni sono passati?”

“Eh no, figurati! Con la memoria da bue che mi ritrovo”.

“Più di duemila”.

“Accipicchia”.

“E a proposito, lo sai chi era quel bambino?”

“Come faccio a saperlo? Era gente di passaggio, se non sbaglio. Certo, era un bellissimo bambino”.

L’asinello sussurrò qualche cosa al bue.

“Ma no! – fece costui – sul serio? Vorrai scherzare spero”.

“La verità, lo giuro. Del resto io lo avevo capito subito…”

“Io no – confessò il bue – si vede che tu sei più intelligente. A me, non aveva neppure sfiorato il sospetto. Benché, certo, a vedersi, era un bambino straordinario”.

“Bene, da allora gli uomini ogni anno fanno grande festa per l’anniversario della nascita. Per loro è la giornata più bella. Tu li vedessi. È il tempo delle serenità, della dolcezza, del riposo dell’animo, della pace, delle gioie familiari, del volersi bene. Perfino i manigoldi diventano buoni come agnelli. Lo chiamano Natale. Anzi, mi viene un’idea, già che siamo in argomento, perché non andiamo a dare un’occhiata?”

“Dove?”

“Giù sulla terra, no!”

“Ci sei già stato?!”

“Ogni anno, o quasi, faccio una scappata. Ho un lasciapassare speciale. Te lo puoi fare anche tu. Dopo tutto, qualche piccola benemerenza possiamo vantarla, noi due”.

“Per via di aver scaldato il bambino col fiato?”

“Su, vieni, se non vuoi perdere il meglio. Oggi è la vigilia”.

“E il lasciapassare per me?”

“Ho un cugino all’ufficio passaporti”.

Il lasciapassare fu concesso. Partirono. Lievi, lievi. Planarono sulla terra, adocchiarono un lume, vi puntarono sopra. Il lume era una grandissima città. Ed ecco il somarello e il bue aggirarsi per le vie del centro, trattandosi di spirito, automobili e tram gli passavano in mezzo senza danno, e a loro volta le due bestie passavano attraverso come se fossero fatti d’aria. Così potevano vedere bene tutto quanto. Era uno spettacolo impressionante, mille lumi, le vetrine, le ghirlande, gli abeti e lo sterminato ingorgo di automobili, e il vertiginoso formicolio della gente che andava e veniva, entrava ed usciva, tutti carichi di pacchetti, con un’espressione ansiosa e frenetica, come se fossero inseguiti.
Il somarello sembrava divertito. Il bue si guardava intorno con spavento.

“ Senti amico: mi avevi detto che mi portavi a vedere il Natale. Ma devi esseri sbagliato. Qui stanno facendo al guerra”.

“Ma non vedi come sono tutti contenti?”

“Contenti? A me sembrano pazzi”.

“Perché tu sei un provinciale, caro il mio bue. Tu non sei pratico degli uomini moderni, tutto qui. Per sentirsi felici, hanno bisogno di rovinarsi i nervi”.

Per togliersi da quella confusione, il bue, valendosi della sua natura di spirito, fece una svolazzatine e si fermò a curiosare a una finestra del decimo piano. E l’asinello, gentilmente, dietro.
Videro una stanza riccamente ammobiliata e nella stanza, seduta a un tavolo, una signora molto preoccupata.
Alla sua sinistra, sul tavolo, un cumulo alto messo metro carte e cartoncini colorati, alla sua destra cartoncini bianchi. Con l’evidente assillo di non perdere un minuto, la signora, sveltissima, prendeva uno dei cartoncini colorati lo esaminava un istante poi consultava grossi volumi, subito scriveva su uno dei cartoncini bianchi, lo infilava in una busta, scriveva qualcosa sulla busta, chiudeva la busta quindi prendeva dal mucchio di destra un altro cartoncino e ricominciava la manovra. Quanto tempo ci vorrà per smaltirlo? La sciagurata ansimava.

“La pagheranno bene, immagino, – fece il bue – per un lavoro simile”

“Sei ingenuo, amico mio. Questa è una signora ricchissima e della migliore società”.

“E allora perché si sta massacrando così?”

“Non si massacra. Sta rispondendo ai biglietti di auguri”.

“Auguri? E a che cosa servono?”

“Niente. Zero. Ma chissà come, gli uomini ne hanno una mania”.

Si affacciarono più in là, a un’altra finestra. Anche qui gente che, trafelata, scriveva biglietti su biglietti, la fronte imperlata di sudore. Dovunque le bestie guardassero, ecco uomini e donne fare pacchi, preparare buste, correre al telefono, spostarsi fulmineamente da una stanza all’altra portando pacchi, spaghi, nastri, carte, pendagli e intanto entravano giovani inservienti con la faccia devastata portando altri pacchi altre scatole, altri fiori, altri mucchi di auguri. E tutto era precipitazione, ansia, fastidio, confusione e una terribile fatica. Dappertutto lo stesso spettacolo.
Andare e venire, comprare e impaccare, spedire e ricevere, imballare e sballare, chiamare e rispondere e tutti guardavano continuamente l’orologio, tutti correvano, tutti ansimavano con il terrore di non fare in tempo e qualcuno crollava boccheggiando.

“Ma avevi detto – osservò il bue – che era la festa della serenità e della pace”.

“Già – rispose l’asinello – una volta era così. Ma cosa vuoi, da qualche anno, sarà questione della società dei consumi… Li ha morsi una misteriosa tarantola. Ascoltali, ascoltali!”

Il bue tese le orecchie. Per le strade, nei negozi , negli uffici, nelle fabbriche uomini e donne parlavano fitto fitto scambiandosi come automi delle monotone formule di buon Natale, auguri, auguri, altrettanto auguri a lei grazie. Un brusio che riempiva la città.

“Ma ci credono? – chiese il bue – Lo dicono sul serio? Vogliono veramente tanto bene al prossimo?”

L’asinello tacque.

“E se ci ritirassimo un poco in disparte? – suggerì il bovino – Ho ormai la testa che è un pallone. Sei proprio sicuro che non sono usciti tutti matti?”

“No, no. È semplicemente Natale”.

“Ce n’è troppo, allora. Ti ricordi quella notte a Betlemme, la capanna, i pastori, quel bel bambino. Era freddo anche lì, eppure c’era una pace, una soddisfazione. Come era diverso!” “E quelle zampogne lontane che si sentivano appena appena”. “E sul tetto, ti ricordi, come un lieve svolazzamento. Chissà che uccelli erano”.

“Uccelli? Testone che non sei altro. Angeli erano!”.

“E la stella? Non ti ricordi che razza di stella, proprio sopra la capanna? Chissà che non ci sia ancora, le stelle hanno la vita lunga”.

“Ho idea di no – disse l’asino – c’è poca aria di stelle, qui”.

Alzarono il muso a guardare, e infatti non si vedeva niente, sulla città c’era un soffitto di caligine e di smog.

IL PETTIROSSO

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Nella stalla dove stavano dormendo Giuseppe, Maria e il piccolo Gesù, il fuoco si stava spegnendo. Presto ci furono soltanto alcune braci e alcuni tizzoni ormai spenti. Maria e Giuseppe sentivano freddo, ma erano cosi stanchi che si limitavano ad agitarsi inquieti nel sonno.
Nella stalla c’era un altro ospite: un uccellino marrone. Era entrato nella stalla quando la fiamma era anc

ora viva; aveva visto il piccolo Gesù e i suoi genitori, ed era rimasto tanto contento che non si sarebbe allontanato da li neppure per tutto l’oro del mondo.
Quando anche le ultime braci stavano per spegnersi, 1’uccellino pensò al freddo che avrebbe patito il bambino che dormiva sulla paglia della mangiatoia. Spiccò il volo e si posò su un coccio accanto all’ultima brace.
Cominciò a battere le ali facendo aria sui tizzoni perchè riprendessero ad ardere. Il piccolo petto bruno dell’uccellino diventò rosso per il calore che proveniva dal fuoco, ma il pettirosso non abbandonò il suo posto. Scintille roventi volarono via dalle brace e gli bruciarono le piume del petto ma egli continuò a battere le ali finchè alla fine tutti i tizzoni arsero in una bella fiammata. Il piccolo cuore del pettirosso si gonfio di orgoglio e di felicità quando il bambino Gesù sorrise sentendosi avvolto dal calore.Da allora il petto del pettirosso è rimasto rosso, come segno della sua devozione al bambino di Betlemme

Una delle canzoni più belle di Natale, una canzone stupenda che mi è sempre piaciuta, fin da bambino….  e poi con la voce di Zucchero

Tutta per voi   White Cristmas